Il mio primo blog post non poteva che essere dedicato alla biofilia: non è solo il tema che più mi ha affascinata mentre studiavo per diventare interior designer, ma è soprattutto un approccio alla progettazione che influenza profondamente il mio lavoro.
A partire dalla rivoluzione industriale, la nostra relazione con l’ambiente naturale si è profondamente trasformata: il progressivo allontanamento dalle campagne e l’esplosione dell’urbanizzazione hanno portato con sé un crescente disinteresse per la natura, fino ad arrivare a veri e propri abusi.
Eppure, è evidente che il contatto con l’ambiente naturale migliora il benessere e la salute della maggior parte delle persone: stimola la creatività, sostiene una maggior lucidità mentale, riduce lo stress e influisce positivamente sull’umore, fino ad accelerare i processi di guarigione.
Lo stesso Orazio – già nel 2000 a.c. – affermava: “Questo è ciò per cui ho pregato, un pezzo di terra, non molto grande, con un giardino e, vicino alla casa, una sorgente che non manca mai, e un po' di bosco per completare il tutto".
Può sembrare strano quanto oggi queste parole suonino attuali: rifondare la relazione con la natura è infatti di cruciale importanza nella nostra epoca, non solo per migliorare il nostro benessere, ma per garantire sopravvivenza a questo pianeta.
“In every walk with nature, one receives far more than one seeks.”
John Muir, 19 July 1877
Il primo a utilizzare questo termine fu lo psicologo e sociologo tedesco Erich Fromm.
Etimologicamente è composta dai due elementi di origine greca ‘bio’ - che significa ‘vita’ - e ‘filia’ - che significa ‘amore’ - da cui il suo significato: ‘amore per la vita’ o ‘amore per gli esseri viventi’.
Ma è solo più tardi, nel 1984, che il biologo statunitense Edward O. Wilson iniziò a parlare di biofilia come di un’ipotesi scientifica, rilevando nelle persone “la tendenza innata a “concentrare il loro interesse sulla vita e sui processi vitali”.
Il primo passo nella definizione di questo concetto è stato proprio questo: identificare il desiderio di “stare in natura” come una predisposizione congenita nell’essere umano, alla stregua del linguaggio.
I nostri ricordi d’infanzia e il comportamento spontaneo dei bambini ne sono una conferma: i giochi con la terra, le esplorazioni nei boschi, le corse a perdifiato nei prati… sono solo alcune situazioni che ci parlano di un desiderio primordiale di riconnetterci alla natura.
L’osservazione di questi e altri comportamenti simili hanno sollevato molta curiosità in ambito scientifico, aprendo le porte a una lunga ricerca sulla relazione tra esseri umani e altri sistemi viventi e sulla sua evoluzione nel tempo.
Sull’onda di queste ricerche, nel 2002 Wilson è giunto a formulare la definizione ora in uso di “biofilia” come “la tendenza innata a concentrare la nostra attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda e, in alcune circostanze, ad affiliarvisi emotivamente”.
In sostanza, il biologo statunitense ha sintetizzato in questo unico termine due fenomeni che spiegano come il contatto con le “forme di vita” abbia un impatto positivo sul nostro benessere e sulla nostra salute.
"... contemplation of a landscape
Frederick Law Olmsted 1865
occupies the mind effortlessly, while stimulating it,
it calms it, while animating it,
and thus, through the influence of the mind on the body,
it gives refreshment and new energy to the entire body system"
I numerosi studi portati avanti negli ultimi decenni confermano le intuizioni emerse verso la fine del secolo scorso, registrando un aumento della produttività in spazi di lavoro collegati all’ambiente naturale e un aumento dei tassi di guarigione in pazienti con vista sulla natura.
Insomma l’importanza di riconnettersi con la natura per migliorare benessere fisico e mentale è ormai una consapevolezza diffusa.
Un dato di fatto che tuttavia entra in conflitto con la realtà vissuta dalla maggior parte della popolazione mondiale: in una società fortemente urbanizzata, le persone trascorrono mediamente il 90% delle giornate all’interno di edifici e hanno raramente contatti con l’ambiente naturale.
"We will never be truly healthy,
satisfied or fulfilled if we live apart and alienated
from the environment from which we evolved."
Stephen R. Kellert, "Building for life"
La domanda più urgente allora diventa: come vivere appieno questa benefica immersione con la natura oggi?
La risposta di molti urbanisti, architetti e interior designer è in un approccio diverso al progetto, che riporta nelle città, negli ambienti di lavoro e nelle case le condizioni tipicamente vissute in natura.
Verde, luce, acqua e altri elementi naturali vengono integrati nella progettazione urbana, con lo scopo di regalare alle persone che popoleranno quegli spazi gli stessi benefici fisici e psicologici di una passeggiata nella foresta!
È questo l’approccio tipico della progettazione biolifica, che influisce positivamente sulla percezione dello spazio, al punto da renderlo fonte di ispirazione e benessere.
Negli anni l’impegno di urbanisti, architetti e interior designer ha portato a identificare 14 pattern nella progettazione biofilica, che articolano le relazioni tra natura, biologia umana e spazi abitati, con lo scopo di guidare i progettisti nel loro lavoro.
Ve ne parlo nel prossimo blog post, ma intanto vi anticipo qualche esempio di interni con forti richiami alla biofilia.
Ho progettato questa zona giorno seguendo il principio “bring the outside inside”, ovvero “porta dentro ciò che c’è fuori”, riducendo al minimo la distinzione tra i due ambienti.
Questi spazi sono infatti così pervasi di luce naturale da dare l’impressione di trovarsi all’aperto.
Anche le piante da interno hanno il potere di trasformare un ambiente, contribuendo a creare vere e proprie oasi di tranquillità, con piccoli tocchi o grandi macchie di verde.
In quest’appartamento ad Annecy ho portato una foresta tropicale in un piccolo bagno cieco, compensando con una carta da parati vegetale la mancanza di aperture verso l’esterno. Queste grafiche realistiche a tutta parete hanno infatti un il potere di evocare fortemente gli analoghi elementi organici viventi.
Non potevo scordare in questa breve rassegna il lavoro dei product designer che si fanno guidare da un approccio biolifico. I Fratelli Campana, autori di questo ‘Branches Sofa’, ne hanno fatto un’arte.
Ma anche il divano “Heartbeat” di Karim Rashid per Nienkämper è un esempio da citare: la sua forma biomorfa imita il flusso e riflusso del sangue che si muove liberamente nel corpo.
Concludo la mia rassegna con le pareti vegetali per interni, che hanno rivoluzionato il modo di vivere il verde.
Notoriamente il muschio, la tillandsia e molte altre piante migliorano la qualità dell’aria, ma solo negli ultimi anni è stato introdotto in soluzioni a tutta parete, peraltro caratterizzate da un forte impatto scultoreo.
Se portiamo all’esterno lo stesso concetto entriamo nel territorio dei giardini verticali, come quello progettato da Stefano Boeri a Milano, che mi lascia sempre a bocca aperta.
In generale trovo il mondo della progettazione biofilica affascinante e al tempo stesso educativo; il ritorno alla natura nell’architettura e nell’interior design è una tendenza che fa davvero bene agli occhi, alla salute e all’ambiente.
Anche tu desideri un progetto con questo orientamento per la tua casa?
Scrivimi e sarò felice di iniziare a parlarne insieme.
Mi chiamo Stefania Luraghi e sono la tua Personal Interior Designer. Insieme possiamo trasformare gli spazi che abiti perché tu ti senta davvero a casa.